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      - replicai io già addestrato a simili dispute pel mio noviziato padovano. - Se lei per libertà intende il libero arbitrio dei tre Inquisitori di Stato son pronto a darle ragione; essi possono fare alto e basso come loro aggrada. Ma in quanto agli altri sudditi dell'Eccellentissima Signoria le domando umilmente in qual lunario ha ella scoperto che si possano chiamar liberi?
      - L'Inquisizione di Stato è una magistratura provata ottima da secoli - soggiunse il Vice-capitano con una vocina malsicura nella quale l'antica venerazione si contemperava colla peritanza attuale.
      - Fu trovata ottima pei secoli andati - soggiunsi io. - Quanto al presente siamo di diverso parere. Il popolo la trova pessima, e giovandosi del suo diritto di sovranità la libera per sempre dall'incomodo di servirla.
      - Signor... signor Carlino, mi pare - riprese il Vice-capitano - le faccio osservare che questa sovranità nessuno l'ha ancora data al popolo di Portogruaro, e che questo popolo nulla ha fatto per conquistarla. Io sono ancora l'officiale della Serenissima Signoria, e non posso certo permettere...
      - Eh via! - lo interruppi io - cosa non hanno permesso gli officiali della Serenissima a Verona a Brescia a Padova e dappertutto dove hanno voluto entrare i Francesi!
      - Fuoco di paglia, signor mio! - sclamò imprudentemente il Vice-capitano. - Si finge alle volte di concedere per riprender meglio poi. So da buona fonte che il nobile Ottolin tien pronti trentamila armati nelle valli bergamasche, e mi sapranno dire se il ritorno dei signori Francesi somiglierà all'andata.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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