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      Era magro sparuto irrequieto; lunghi capelli stesi gli ingombravano la fronte, le tempie e la nuca fin giù oltre al collare del vestito. Somigliava appunto a quel bel ritratto che ce ne ha lasciato l'Appiani, e che si osserva alla villa Melzi a Bellagio: dono del Primo Console Presidente al Vicepresidente, superba lusinga del lupo all'agnello. Solamente a quel tempo era piú sfilato ancora tantoché gli si avrebbero dati pochi anni di vita, ed anzi una tal sembianza di gracilità aggiungeva l'aureola del martire alla gloria del liberatore. Egli sacrificava la sua vita al bene dei popoli; chi non si sarebbe sacrificato per lui?
      - Cosa volete, cittadino? - mi diss'egli ricisamente, fregandosi le labbra col pizzo dello sciugatoio.
      - Cittadino generale - risposi con un inchino lievissimo per non offendere la sua repubblicana modestia - le cose di cui vengo a parlarvi sono della massima importanza e della maggior delicatezza.
      - Parlate pure - egli soggiunse accennando il cameriere che continuava l'opera sua. - Mercier non ne sa d'italiano piú che il mio cavallo.
      - Allora - ripresi - mi spiegherò con tutta l'ingenuità d'un uomo che si affida alla giustizia di chi combatte appunto per la giustizia e per la libertà. Un orrendo delitto fu commesso tre giorni sono al castello di Fratta da alcuni bersaglieri francesi. Mentre il grosso della loro schiera saccheggiava arbitrariamente i pubblici granai e l'erario di Portogruaro, alcuni sbandati invasero una onorevole casa signorile, e svillaneggiarono e straziarono tanto una vecchia signora inferma piú che centenaria rimasta sola in quella casa, che ella ne morí di disperazione e di crepacuore.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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