Ma quello che distoglieva la mente da queste melanconie era l'aspetto della Pisana. Piú bella piú fresca piú gioconda io non l'aveva veduta mai; e tale ella sapeva di essere, benché con mille vezzi imparati novellamente a Venezia cercasse di offuscare lo splendor di quei pregi. Ma fosse dono di natura, o cecità mia, perfino gli artifizi prendevano nelle sue fattezze un incanto di leggiadria. Peraltro la ritrovai ancor piú taciturna e meno espansiva del solito; la mi guardava a tratti coll'anima negli occhi, indi chinava gli sguardi arrossendo, e le mie parole sembravano dilettarle voluttuosamente l'orecchio senzaché colla mente arrivasse a comprenderle. A tutto ciò io badava mentre la Contessa zia mi annegava in un subisso di chiacchiere, ed io non ne capiva un iota; soltanto mi ferí spesse volte il nome di mio padre, e mi parve accorgermi ch'ella pure fosse molto lieta del suo inaspettato e miracoloso ritorno.
- E non torna mai quella sciocca di Rosa! - borbottava la signora. - Io non ho voluto che ci andassi tu, perché voglio proprio ridonartelo io il tuo papà, ed esser presente alla gioia del vostro riconoscimento. Oh che buon papà che hai, il mio Carlino!...
Mi parve che a quelle parole la Pisana arrossasse piú del solito, e fosse turbata dagli sguardi ch'io teneva fermi continuamente in lei. Finalmente tornò la Rosa a dire che il mio signor padre finito un affare in Piazza sarebbe stato da noi, e allora io volli ancora uscire in traccia di lui per anticiparmi la gioia di quel soave momento, ma la Contessa mi sforzò tanto che dovetti rimanere.
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