L'amore e la religione politica s'erano confusi in un solo sentimento tanto vivace tanto potente tanto ostinato quanto possono esserlo tutte le forze d'un'indole cosí robusta, strette e attortigliate in un solo fascio. Quand'egli si abbatteva nel viso adunco e orgoglioso della Contessa, o nella faccia nebbiosa slavata aristocratica del conte Rinaldo, o in quei visetti mobili graziosi sdolcinati di casa Frumier, egli sorrideva di sottecchi. Sentiva che era prossimo a diventar il padrone lui, e allora avrebbe potuto intimare a quei vanarelli i patti qualunque da lui stimati convenevoli. La loro pieghevole natura e la facilità degli spaventi lo assicuravano dal timore di un'importuna opposizione. Ma la Contessa dal canto suo non si stava colle mani alla cintola; essa conosceva Lucilio piú forse ch'egli non credesse, e le mura d'un monastero le sembravano debole riparo contro la sua temerità. Perciò aveva raccomandato particolarmente la figliuola a una certa madre Redenta Navagero che era la piú gran santa e astuta monaca del convento, perché con altri argomenti le rafforzasse l'anima contro le tentazioni del demonio. Infatti costei ci si mise di gran lena e non dirò che a quel tempo fosse ita molto innanzi, ma avea fatto già uscire del capo alla Clara se non Lucilio certo tutte le altre cose del mondo. Non era poco; molti fili erano tagliati; restava il capo grosso, la gomena maestra, ma scuoti sega e risega, non disperava di recidere anche quello, e di ridurre quella diletta animina al beato isolamento dell'estasi claustrale.
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