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      I libelli, i versacci, le cantafere che andarono attorno a quel tempo, servirono lunga pezza dappoi a incartocciar sardelle; ma sembra impossibile il merito che allor si faceva agli autori di quelle sconce e vili parodie. Giulio Del Ponte, letteratuzzo sparvierato, non gli parve vero d'impiegare il proprio ingegno a sí alta usura e si mescolò per bene in tali pettegolezzi. Egli godeva di vedersi segnato a dito; e bisogna anche dire che le sue composizioni si stoglievano dalle solite; e taluna non mancava né di forza né di brio né quasi anche d'opportunità. La Pisana, nel vederlo tanto stimato e temuto, gli concedeva qualcheduna delle sue occhiate d'una volta, e a merito di queste egli sfidava gli atti villani, e perfino i rabbuffi della Contessa. Io poi, anch'io le era andato in uggia alla signora zia pei miei grilli democratici, ma le doble del signor padre me la tenevano buona; e spesso ella lavorava di gomito nelle coste alla figliuola perché mi usasse maggior cortesia. Queste gomitate e il mio svagamento continuo davano la stizza alla Pisana, e la allontanavano col pensiero da me: rimaneva però sempre qualche sguardo fuggitivo, qualche subito rossore, che ad osservarlo come andava osservato, mi avrebbe potuto lusingare. Giulio Del Ponte se ne accorgeva e ne diventava giallo di bile; ma cercava un compenso nella vanità, e correva a' suoi amici che lo incensavano mattina e sera come il Persio e il Giovenale o l'Aristofane del suo tempo. Soltanto il dottor Lucilio, benché simile d'opinioni, gli avea parlato chiaro dimostrandogli il pericolo di infervorarsi a un alto ministero civile non già per salda persuasione e per istudio del pubblico bene, ma per frivolezza e per albagia.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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