L'accorta vecchia, mano a mano che il mal tempo cresceva, andava raccogliendo le vele, e ormai era ridotta a parole una mezza sanculotta. Di dentro poi Dio sa quanto odio e quanta bile covasse!
- Cosa dice, signor Giulio! Verranno questi Francesi?... Si casseranno i crediti ipotecati sopra le rendite feudali?... E i patrizi che sieno sicuri d'una pensione o d'una carica? E san Marco che sia conservato sugli stendardi?
Giulio sospirava, sbadigliava, digrignava, si storceva, ma l'inesorabile Contessa voleva pur cavarne qualche risposta, e credo ch'egli con maggior buona grazia si sarebbe lasciato cavar un dente. Io intanto non poteva resistere al piacere di pavoneggiarmi dinanzi alla Pisana colle mie future splendidezze, e lasciava travedere che nel nuovo governo ci sarebbe stato un bel seggio anche per me.
- Davvero Carlino? - mi chiese cheta cheta la donzella. - Ma non siamo intesi che dobbiate metter sul trono l'eguaglianza?
Io alzai le spalle dispettosamente. Andate dunque a filosofeggiare con donne! Non so peraltro se tacqui per disdegno o per non saper cosa rispondere. Il fatto sta che per quella sera l'ambizione scavalcò affatto l'amore, e che mi partii dalla Pisana che non avrei nemmen saputo dire di qual colore avesse gli occhi. Salutai Giulio soprappensiero in Frezzeria, e m'avviai soletto e ballonzolando d'impazienza per la Riva degli Schiavoni. Mi ricorderò sempre di quella sera memorabile dell'undici maggio!... Era una sera cosí bella cosí tiepida e serena che parea fatta pei colloqui d'amore per le solinghe fantasie per le allegre serenate e nulla piú. Invece fra tanta calma di cielo e di terra, in un incanto sí poetico di vita e di primavera una gran repubblica si sfasciava, come un corpo marcio di scorbuto; moriva una gran regina di quattordici secoli, senza lagrime, senza dignità, senza funerali.
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