Mio Dio, qual compassione!...
Trovai la Contessa accasciata in un seggiolone di vecchio marrocchino nero tutto spelato; una lucernetta ad olio agonizzava sopra un tavolino appoggiatosi al muro per non cadere. Del resto una vera camera da affittare, senza mobilie, senza cortine, col pavimento di assicelle sconnesse, e il solaio di travi malamente incalcinati. Le pareti nude e lebbrose, le porte e le finestre tanto ben riparate che la fiamma miserabile della lucerna stava sempre per ispegnersi. Accanto alla Contessa un vecchietto slavato, bianco, paffutello sedeva sopra una scranna di paglia; egli portava l'elegante arnese dei patrizi, ma una tossicina ostinatella e grassiccia contrastava alquanto colla gioventù di quell'acconciatura. La Contessa lesse sulle mie sembianze la maraviglia e il rammarico; laonde si compose alla sua piú bella cera d'allegria per darmi una smentita.
- Vedi, Carlino? - mi diss'ella con un brio piuttosto forzato, - Vedi, Carlino, se sono una madre di famiglia ben avveduta? La rivoluzione ci ha rovinati, ed io mi rassegno a ristringermi a sparagnare per queste care viscere di figliuoli!... - E in ciò dire guardava la Pisana, che le si era seduta a fianco rimpetto al nobiluomo, e teneva gli occhi sul petto e le mani nelle tasche del grembiale.
- Ti presento mio cugino, il nobiluomo Mauro Navagero - continuò ella - un cugino generoso e disposto a stringere vieppiù con noi i vincoli della parentela. In poche parole fino da questa mattina egli è il promesso sposo della nostra Pisana!
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