Non poteva dar retta ai discorsi che mi facevano, e per la prima volta mi ficcai in letto senza pensare al corno dorato del futuro doge democratico di Venezia. Mille disegni varii, bizzarri, spaventevoli mi improvvisavano nel cervello tali arabeschi che non arrivava a tenerci dietro. Sfidare a stocco e spada il Navagero, infilzarlo come un ranocchio, indi intimare alla Pisana la mia solenne maledizione e gettarmi nel canale per la comoda via della finestra; ovvero dopo ammazzato colui prender fra le braccia costei, trafugarla sopra uno stambecco di Smirne, e menarla meco alla vita del deserto, fra le rovine di Palmira o sulle sabbie dell'Arabia Petrea, ecco i miei voli pindarici meno arrisicati. Del resto poetava senza numeri senza accenti senza rime: non pensava né al difficile né all'impossibile, e avessi avuto in istalla un ippogrifo e nelle tasche i tesori di Creso, non avrei edificato castelli in aria con maggior libertà e magnificenza. Cosí sognando m'addormentai, e sognai poscia dormendo, e svegliatomi di buon mattino rappiccai il filo ai sogni del giorno prima.
Amilcare mi domandò ragione di quella mia continua fantasticaggine, ed io fuori a contargliene piú forse che non avrebbe voluto. - Vergogna! un segretario della Municipalità perdersi in cotali giullerie! Oh non arrossiva di esser geloso di un vecchio aristocratico bavoso e slombato; e di sdilinquire scioccamente per una vanerella che pur di maritarsi avrebbe sposato un satiro?... Questo già si vedeva apertamente; e il bel contratto che sarebbe stato il mio di sostenere una tal parte!
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