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      ... Meglio attendere a mostrarsi uomo, darsi tutto alla patria, al culto della libertà, allora appunto che ci stava addosso tanto bisogno!
      Amilcare parlava col cuore e mi persuase; non valeva proprio la pena di inasinire dietro la Pisana; invece le cure del governo esigevano tutto il mio tempo, tutta la mia premura. Feci forza a me stesso; perdonai la vita al Navagero, e quella scena ch'io aveva immaginata di rappresentarla alla Pisana prima di annegarmi o di partire per l'Arabia, la mutai in una tacita apostrofe: - "Sta' pure, spergiura! Sei indegna di me!" - Che io avessi diritto di pronunciare una tale sentenza, ne dubito alquanto. Primo punto la ragazza nulla mi aveva giurato, e in secondo luogo la mia pietosa cessione in favore di Giulio Del Ponte e la successiva trascuraggine potevano averle dato a credere che mi fosse uscita dal cuore ogni smania di farla mia. Invece io so benissimo che mai non ne ho smaniato tanto come allora; ma la bizzarria e l'incredibilità del mio temperamento mi obbligava appunto a non tenerle nascoste le sue intime transazioni. Il fatto sta peraltro, che decisi di romperla colla ferma convinzione di esser io la vittima: e questo mi autorizzava a farle ancora il patito piú che non me lo consentissero i miei intendimenti eroici e la pazienza del Navagero. Il conte Rinaldo, che rade volte compariva nella camera di sua madre, usciva in qualche moto di stizza a vedermi tortoreggiare dinanzi a sua sorella. Anch'egli, poveretto, dava addosso al cane con tutti gli altri; ed io non mi convertiva d'un punto, persuaso persuasissimo di essere tutto nella mia segreteria, e di non pensare alla Pisana, né al suo matrimonio.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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