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      Tuttavia che fosse molto sicuro non lo vorrei affermare. Egli avea procrastinato di giorno in giorno per veder prima assicurato a Venezia il trionfo del suo partito e delle opinioni democratiche. Allora, forse prima d'ogni altro, fiutava il vento contrario; e superbo in volto ma disperato nell'animo s'affrettava a giovarsi di quegli ultimi favori della fortuna, per soddisfare il voto supremo del suo cuore. Vedeva capitombolare que' bei castelli in aria di libertà politica, di gloria, e di pubblica prosperità, e sperava salvarsi, aggrappandosi con un'àncora alla felicità domestica. Con tali pensieri pel capo s'avviò al convento di Santa Teresa, annunciò alla portinaia il proprio nome, e chiese di avere in parlatorio la contessina Clara di Fratta. La portinaia scomparve nel monastero e tornò indi a poco a riferire che la nobile donzella desiderava sapere la cagione della sua visita, che ella avrebbe cercato di soddisfarlo senza distogliersi dal raccoglimento claustrale. Lucilio trabalzò di sorpresa e di rabbia; ma vide sotto questa risposta una gherminella fratesca, e tornò a ripetere alla portinaia che un suo colloquio colla signorina Clara era necessario, indispensabile; e che la signorina doveva ben saperlo anche lei, e che nessuno al mondo poteva negargli il diritto di reclamarlo. Allora la conversa rientrò ancora; e tornò dopo pochi istanti a dire con faccia arcigna che la donzella sarebbe discesa indi a poco in compagnia della madre compagna. Questa madre compagna non andava giù pel gozzo a Lucilio, ma egli non era uomo da prendersi soggezione d'una monaca, e aspettò un po' irrequieto, misurando a gran passi il pavimento marmoreo, rosso e bianco del parlatorio.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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