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      - Dio adunque vi comanda di uccidermi! - esclamò con un urlo Lucilio.
      La madre Redenta gli corse dappresso a raccomandargli la temperanza perché le suore stavano allora in meditazione e potevano aver molestia da quelle vociate. La Clara abbassò gli occhi; pianse la poveretta; ma né si piegò né si scosse dal suo fermo proposito. Le torture ch'ella provava erano immense; ma la suora compagna avea contato bene sulle astuzie adoperate per affatturarla in quel modo. Omai l'anima della Clara abitava in cielo, e le cose di quaggiù non le vedeva che da quelle altezze infinite. Avrebbe scontato colla propria morte un peccato veniale di Lucilio, ma l'avrebbe anche ucciso per assicurargli la salute eterna.
      Infatti ella tramortí e tremò tutta, ma si strinse piú vicina a lui, e riavendosi subitamente soggiunse:
      - Lucilio, mi amate? Or bene fuggitemi!... Ci incontreremo, siatene certo, in luogo migliore di questo... Io pregherò per voi, pregherò per voi nei cilici e nel digiuno...
      - Bestemmia! - gridò l'altro allora. - Voi pregare per me?... Il carnefice che intercede per la vittima!... Dio avrà orrore di tali preghiere!
      - Lucilio! - soggiunse modestamente la Clara. - Tutti siamo peccatori, ma quando...
      La madre Redenta interruppe queste parole con una opportuna gomitata.
      - Umiltà, umiltà, figliuola! - brontolò essa. - Non vi bisogna parlare né insegnare altrui quando non ne sia mestieri strettamente.
      Lucilio sbalestrò alla vecchia un'occhiata quale ne suol dardeggiare il leone tra le sbarre della sua gabbia.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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