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      - No, signor dottore carissimo; non voglia calunniarci cosí alla cieca - entrò a dire con voce secca e nasale la madre compagna. - Queste anime ipocrite che sacrificano la vita intiera per afforzare e per salvare le deboli, sono le sole che difendano omai la fede e i buoni costumi contro le perversità mondane. È merito loro se molte anime deboli diventano cosí forti e sublimi da appoggiare ogni speranza in Dio, e da riguardar le parole d'un semplice voto come una barriera insuperabile che le divide per sempre dal consorzio dei tristi e degli increduli. Gli è vero - soggiunse ella chinando il capo - che restiamo congiunte ad essi col vincolo spirituale dell'orazione, la quale, vogliamo sperarlo, gioverà a salvarne qualcuno dagli artigli infernali.
      - Oh presto presto i tristi e gli increduli sciorranno i vostri voti! - sclamò Lucilio con voce tonante. - La società è opera di Dio e chi si ritragge da essa ha il rimorso del delitto o la codardia dello spavento, o la dappocaggine dell'inerzia nell'animo!... - In quanto a voi (e si volgeva specialmente alla Clara), in quanto a voi che avete pervertito la coscienza vostra disumanandola, quanto a voi che salite al cielo calpestando il cadavere d'uno che vi ama, che non vede, che non vive, che non pensa che per voi, oh abbiatevi sul capo l'ira e la maledizione...
      - Basta Lucilio! - sclamò la donzella con piglio solenne. - Volete saper tutto? Or bene ve lo dirò!... I voti ch'io pronuncerò domenica solennemente dinanzi all'altare di Dio, li ho già espressi col cuore dinanzi al medesimo Dio in quella notte fatale che i nemici della religione e di Venezia entrarono in questa città. Fummo otto ad offerire la nostra libertà la nostra vita per l'allontanamento di quel flagello, e se quegli infami quegli scellerati saranno costretti ad abbandonare la preda sí vilmente guadagnata, Dio avrà forse benignamente riguardato il nostro sacrifizio!


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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