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      La madre Redenta ghignò sotto la cuffia, Lucilio dimise un poco del suo furore e mosse alcun passo verso l'uscio: indi tornò presso la Clara quasi gli fosse impossibile di abbandonarla a quel modo.
      - Clara - riprese egli - io non vi pregherò piú; lo veggo, sarebbe inutile. Ma vi darò lo spettacolo di tanta infelicità che i rimorsi vi perseguiteranno fin nel silenzio e nella pace del chiostro. Oh voi non sapete, non avete mai saputo quanto vi amassi!... Non avete misurato gli abissi profondi ed infiammati dell'anima mia tutti pieni di voi: non avete dimenticato voi stessa, come io dimenticava affatto me, per vivere sempre in voi. I sacrifizi ve li imponete con mille sottigliezze mentali, non li accettate dalla santa spontaneità dell'affetto e del sentimento!... Clara, io vi lascio a Dio, ma Dio vi vorrà egli?... L'adulterio è egli permesso da quei santi comandamenti che sono il sublime compendio dei nostri doveri?
      Non so se cosí parlando Lucilio intendesse di capitolare o di tentare un ultimo colpo. Del resto fra lui e la Clara combattevano come due schermitori fuori di misura, contendevano come due litiganti ognuno de' quali adoperava una lingua sconosciuta all'altro. La madre Redenta trionfava sotto la sua cuffia di quel potente e instancabile macchinatore che, si può dire, aveva dato l'ultimo crollo ad un governo di quattordici secoli, e mutato faccia ad una bella parte di mondo. Perché mai godeva ella di adoperare cosí?... Prima di tutto perché non v'ha orgoglio che superi l'orgoglio degli umili; indi perché si vendicava sugli altri della infelicità propria, e da ultimo perché voleva mantenere alla Contessa ciò che le aveva promesso.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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