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      Infatti egli ci spogliava della camicia per farne un presente alla libertà di Francia; i futuri servi dovevano restare ignudi come gli iloti di Sparta. Egli aveva già rimpastato intorno a Milano la Repubblica Cisalpina, minaccia piú che promessa alla sempre provvisoria Municipalità di Venezia. La liberazione del signor d'Entragues, ministro borbonico, vilmente consegnatogli dalla scaduta Signoria, lo aveva messo in voce di galantuomo presso gli emigrati; ne speravano un Monk; guardate che nasi! Invece i repubblicani incorreggibili, i demolitori della Bastiglia, gli adoratori degli alberi, i Bruti, i Curzi, i Timoleoni lo adocchiavano di sbieco, tacciandolo sottovoce di alterigia, di falsità, di tirannia. La Municipalità, che dopo lo scacco di Bassano si sentiva mancar sotto i piedi il terreno, ebbe l'ingenuo capriccio di chieder l'incorporamento degli Stati veneziani nella nuova Repubblica lombarda. Ma i governanti di questa risposero parole dure ed altiere; sarebbe un fratricidio, se la volontà sottintesa del Bonaparte non lo spiegasse per servilità. Ad ogni modo restino infamati per sempre i nomi di coloro che sottoscrissero un foglio dove si negava aiuto a una città sorella, sventurata e pericolante. Meglio annegare insieme che salvarsi senza stendere una mano al congiunto all'amico che implora pietosamente soccorso.
      Io per me sperava come gli altri nella venuta del Generale; sperava che i segni i monumenti della nostra grandezza passata lo avrebbero distolto dalla crudele e premeditata indifferenza ch'egli già cominciava a ostentare a nostro riguardo.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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