Il signor Raimondo non volendo separarsi dal suo segretario, Leopardo e la Doretta avean dovuto spiantar casa pur essi; e cosí si trovavano a Venezia. Ma questi non ne era punto contento e se non fossero state le preghiere della moglie si sarebbe fermato volentieri in Friuli. Il povero giovine in tali discorsi diventava di tutti i colori, e durava uno stento grandissimo a non iscoppiare. Io me n'accorsi, e ne lo sviai col domandargli novelle del paese nostro e de' miei amici e conoscenti. Cosí conversando e passeggiando per calli e per fondamenta egli si svagò dalla solita tetraggine, e quasi dimenticava le proprie sciagure: ma io soffriva per lui pensando al momento quando se ne sarebbe pur troppo risovvenuto. Intanto egli mi confermò la novella della tristissima piega che prendevano gli affari della famiglia di Fratta. Il Capitano e Monsignore non pensavano che a banchettare e ad attizzar il fuoco: ai vecchi servitori o morti o licenziati era sottentrata una mano di ladroncelli che mettevano a ruba quel poco che rimaneva. Non c'erano piú cazzeruole o tegami che bastassero pel pranzo di Monsignore. La Faustina s'era maritata con Gaetano, lo sbirro di Venchieredo, liberato da poco dalla galera; e partendo avea trafugato e venduto gran parte delle biancherie. Il Capitano e Monsignore litigavano oltreché per l'attizzatoio anche per la camicia: la signora Veronica li accomodava, strapazzandoli ambidue; e il piú buffo si era che al vecchio Sandracca saltava talvolta il ticchio della gelosia; e questo formava un terzo argomento di grandi contese fra lui ed il Canonico.
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