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      Già la Diocesi dopo la venuta dei Francesi e la partenza del padre Pendola (costui secondo Leopardo doveva essere anch'egli a Venezia) tornava a dividersi e suddividersi in partiti ed in combriccole. Tanto piú credevano averne il diritto, che la concordia impiastricciata dalle mene furbesche del reverendo non era della miglior lega.
      - A Venezia il padre Pendola! - sclamai io come fra me. - Che cosa ci sia venuto a fare?... Non mi sembra né luogo né stagione per lui!...
      Leopardo sospirò sopra a queste mie parole, e soggiunse a voce sommessa che pur troppo i segni non mentiscono, e che soltanto le carogne attirano i corvi. Ciò dicendo eravamo giunti in Piazzetta ond'egli levando gli occhi scoperse quel miracoloso edifizio del Palazzo Ducale; e due lagrime gli corsero giù per le guance.
      - No, non pensiamo a ciò! - seguitò egli squassandomi il braccio con forza erculea. - Ci penseremo a suo tempo! - Indi riprese a darmi contezza delle cose di laggiù: come sua sorella Bradamante si era sposata a Donato di Fossalta, e Bruto suo fratello e Sandro il mugnaio, presi da furore eroico, s'erano assoldati in un reggimento francese. Questa novella mi sorprese non poco, ma in quanto a Sandro ne pronosticava bene e pensava che avrebbe fatto buona figura, come poi i fatti non mi diedero torto. Bruto, secondo me, si scalmanava troppo per riuscire un soldato perfetto; a menar le mani sarebbe andato di lena, ma quanto al voltare a destra e a sinistra ne sperava poco assai. Leopardo mi toccò del gran cordoglio provato da suo padre per quella determinazione; il povero vecchio aveva perduto la memoria e le gambe, e le faccende del Comune volgevano a caso come Dio voleva.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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