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      Già del resto l'egual guazzabuglio c'era in tutto; e quell'interregno di ogni governo, quell'intralciarsi quel contrastarsi di tre o quattro giurisdizioni, impotenti le une per vecchiaia e per debolezza, tiranniche le altre per l'indole loro arbitraria e militare, opprimeva la gente per modo che pregavano concordemente perché venisse un padrone solo a cacciar via quei tre o quattro che li angariavano senza esser capaci o interessati a difenderli. Municipalità cittadine, congregazioni comunali e foresi, tirannia feudale, governo militare francese, non si sapeva dove dar il capo per ottenere un briciolo di giustizia.
      Perciò anche in quel continuo affaccendarsi di reggitori la giustizia privata reputava necessario l'intervenire; le violenze, le risse, gli ammazzamenti erano giornalieri; la forca lavorava a doppio, e i coltelli avevano il loro bel che fare lo stesso. Solamente dove risiedeva un quartiere generale duravano perpetue le feste e il buon umore; colà gli ufficiali facevano scialo delle cose rapite nel contado e nei paesi minori; il popolaccio gavazzava nell'abbondanza d'ogni ben di Dio, e le signore civettavano per vezzo di moda coi lindi francesini. Qual maggior comodità di diventar patrioti e liberali, facendo all'amore?... Succedeva dappertutto come a Venezia: si guardavano in cagnesco alle prime per finire coll'abbracciarsi da ottimi amici. I vizii comuni sono mezzani ad ogni viltà: e vi furono molte che senza avere il temperamento subitaneo e il marito decrepito della Pisana, s'aggiustarono come lei con qualche tenentino di linea per fuggir la mattana di quel tempo provvisorio.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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