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      ... Se mi è vietata la felicità d'amore, la coppa felice degli Dei, mi rimanga almeno l'immortalità di Erostrato, e la superbia dei demonii!...".
      Cosí farneticava lo sciagurato stringendo la penna con mano convulsa, e cercando disperatamente nella tetra fantasia quelle parole tremende, infernali, che dovevano prolungare nella posterità la sua vita di martirio e vendicarlo delle angosce sofferte. Da un turbine vorticoso di idee monche e cozzanti, d'immagini camaleontiche, di passioni mute e furenti non uscivano che due pensieri dozzinali e quasi codardi: la rabbia della felicità altrui, e l'orrore della morte! - Almeno avesse egli potuto imprimere a tali pensieri quell'impronta straziante di verità nella quale l'uomo si specchia rabbrividito, e non può a meno d'ammirare il lugubre profeta che lo satolla d'orrore e di disperazione!... Ma neppur questo gli veniva concesso dalla continua instabilità della paura. Le forze dell'anima vanno tutte raccolte per creare alla verità un'immagine vera e sublime; egli invece si scioglieva in fantasticherie senza colore e senza fine. Non era la meditazione del sapiente, ma il vaneggiamento del malato. La mistione chimica soverchiava il lavoro spirituale, supremo castigo dell'orgoglio pigmeo! "Ah dover morire cosí, vedendo spegnersi ad una ad una le stelle della propria mente! sentendo sciogliersi atomo per atomo la materia che ci compone, e attirare abbrutita con sé quell'anima sfolgorante e serena che poco prima spaziava nell'aria e s'ergeva fino al cielo!


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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