La sera stessa che i Municipali deposero la propria autorità, quanti eravamo rimasti amici della libertà, e nemici coraggiosi del tradimento, convenimmo alla solita casa dietro il ponte dell'Arsenale. Il numero era piú scarso del solito: altri si schivavano per paura, molti eran già partiti con diversi propositi. L'adunanza fu piú per confortarsi a vicenda e per istringerci la mano che per deliberare. Agostino Frumier non comparve, benché sottovoce me ne avesse dato promessa un'ora prima; mancava il Barzoni che dopo un pubblico alterco con Villetard, s'era imbarcato per Malta proponendosi di pubblicar colà un giornale antifrancese: non vidi Giulio Del Ponte e ne sospettai il perché. Lucilio passeggiava come il solito su e giù per la sala col volto imperturbato e la tempesta nel cuore: Amilcare gridava gesticolava contro il Direttorio, contro Bonaparte, contro tutti; egli diceva che bisognava vivere per vendicarci; Ugo Foscolo sedeva da un canto colle prime parole del suo Jacopo Ortis scolpite sulla fronte. Io per me non so cosa avessi nell'anima, o mostrassi nel volto. Mi sentiva nullo affatto, come chi soffre senza comprendere. Udii la maggior parte essere propensa a cercare ricovero nel territorio della Cisalpina, ove sarebbe sempre durata qualche speranza per Venezia; anch'io trovava giusto un tale partito, come quello che rendeva onorevole e attivo l'esiglio, menandolo in paese fraterno e già quasi italiano. La permalosa alterigia di taluno che sdegnava affidarsi ad una ospitalità offerta in nome di Francia, e dalla Francia stessa guarentita, sconveniva troppo a quei momenti necessitosi e supremi.
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