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      Alle parole, al contatto del dottore, Giulio si drizzava della persona e si rianimava negli occhi; la vergogna gli ottenebrava nobilmente la fronte, ma l'anima ridestata a un grande sentimento coloriva i segni della prossima morte d'un sublime splendore. Non tossiva, non tremava piú; il sudore dell'entusiasmo succedeva a quello della malattia; la sua bocca balbettava ancora parole tronche e confuse, ma solo per impazienza di pentimento e di generosità. Fu un vero miracolo.
      - Avete ragione - rispose egli alla fine con voce calma e profonda. - Fui un vile finora; non lo sarò piú. Morire debbo certamente, ma morrò da forte e dallo sfacelo del corpo andrà salva l'anima mia!... Vi ringrazio Lucilio!... Venni qui a caso per abitudine per disperazione; venni desolato avvilito infermo; partirò con voi, sicuro dignitoso e guarito! Dite dove s'ha da andare, io son pronto!...
      - Partiremo domattina per Milano; - riprese Lucilio - là vi sarà un fucile per ciascuno di noi; ad un soldato non si domanda se è malato o sano, ma se ha forza d'animo e di volontà!... Giulio, te lo accerto, non morrai tremando di paura e desiderando la vita. Abbandoneremo insieme questo secolo di illusioni e di vigliaccherie per ricoverarci contenti in seno dell'eternità!...
      - Oh io pure - esclamai - io pure partirò con voi!... - Strinsi la mano al dottore, e buttai le braccia al collo di Giulio come ad un fratello. Era cosí sorpreso e commosso che nessuna sorte vedeva migliore di quella di morire con tali compagni.
      - No, tu non devi partire per ora; - soggiunse dolcemente Lucilio - tuo padre ha altri disegni; ti consulterai con essolui, ché ne hai stretto dovere.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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