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      Infatti lo affidai per poco alla portinaia, e uscii e scampanellai tanto all'uscio del parroco che mi venne fatto di stanarlo di letto e di condurlo dal moribondo. Questi durante la mia assenza avea peggiorato tanto che vedendolo in altro luogo avrei stentato a riconoscerlo. Pure l'arrivo del parroco lo confortò alquanto e per poco li lasciai soli; e rientrando lo trovai bensí alle prese coll'ultima stretta dell'agonia, ma ancor piú calmo e sereno del solito.
      - Dunque, figliuolo mio, siete proprio pentito del gravissimo peccato che avete commesso? - gli ripeté il confessore. - Consentite con me che avete disperato della Provvidenza, che avete voluto distruggere a forza l'opera di Dio, che ad una creatura non è concesso l'erigersi a giudice delle disposizioni divine?
      - Sí, sí, padre - rispose Leopardo con un lieve sapore d'ironia ch'egli non poté reprimere, e ch'io solo forse distinsi, poiché egli stesso il moribondo non se n'accorgeva.
      - E avete fatto quant'era in poter vostro per impedire gli effetti del vostro delitto? - domandò ancora il parroco.
      - Bisogna rassegnarsi... - soggiunse con un filo di voce l'agonizzante - non era piú tempo... Padre, due grani di sublimato sono uno speditivo troppo potente!...
      - Bene, l'assoluzione ch'io v'ho impartito ve la confermi Iddio. - E si diede a recitare le preci degli agonizzanti. Allora le vene del moribondo cominciarono a inturgidire, le sue membra storcersi, le labbra a disseccarsi; gli occhi gli si stravolgevano orribilmente, e tuttavia lo spirito regnava forte imperterrito su quella tempesta di morte che gli si agitava sotto.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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