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      Parevano due esseri diversi, l'uno dei quali contemplasse i patimenti dell'altro colla impassibilità d'un inquisitore. Il parroco gli amministrò allora gli ultimi sacramenti, e Leopardo si compose alla aspettazione della morte colla grave pietà d'un vero cristiano. La quiete era tornata in tutta la sua persona; la quiete solenne che precede la morte: io potei ammirare quanto opera di grande la religione in un animo alto e virile; ed ebbi allora invidia per la prima volta di quelle sublimi convinzioni a me vietate per sempre. La morte della vecchia Contessa di Fratta me le aveva messe in discredito; quella di Leopardo me le rese ancora venerabili e sublimi. Gli è vero che la tempra di questo era tale, da far buona prova di sé colla fede e senza.
      Indi a poco egli sofferse un nuovo assalto di dolori acutissimi, ma fu l'ultimo; il respiro divenne sempre piú fievole e frequente, gli occhi si socchiusero quasi alla contemplazione d'una visione incantevole, la sua mano si sollevava talvolta come per accarezzare taluno di quegli angeli che venivano incontro all'anima sua. Erano i fantasmi dorati della giovinezza che gli vagolavano dinanzi nel confuso crepuscolo del delirio; erano le sue speranze piú belle, i piú splendidi sogni che prendevano forme visibili e sembianze di realtà agli occhi del moribondo; era la ricompensa d'una vita virtuosa ed illibata o il presentimento del paradiso. A tratti egli s'affisava sorridendo in me e dava indizio di ravvisarmi; mi prendeva la mano fra le sue per avvicinarsela al cuore; a quel cuore che non batteva quasi piú, eppure era cosí riboccante ancora di valore e d'affetto!


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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