Guardava talvolta con inesprimibile avidità l'acqua torbida e profonda dei canali; ma mio padre mi aspettava ed altri martiri mi invitavano per la via di Milano alle dure espiazioni dell'esiglio.
Mio padre m'attendeva infatti da un'ora e si spazientiva di non vedermi tornare. Mi scusai raccontandogli l'atrocissimo caso, ed egli mi tagliò le parole in bocca sclamando: - Matto, matto! La vita è un tesoro; bisogna impiegarlo bene sino all'ultimo soldo! - Rimasi nauseato alquanto di una tale pacatezza, e non ebbi voglia alcuna di farmi incontro ai suoi desiderii, come me ne aveano persuaso la sera prima le monche confidenze di Lucilio. Egli invece senzaché io m'incommodassi entrò subito in argomento.
- Carlino - mi chiese - dimmi la verità, quanti danari all'anno ti bisognano per vivere?
- Son nato con un buon paio di braccia; - gli risposi freddamente - mi aiuterò!...
- Matto, matto anche tu! - rispose egli - anch'io son nato colle braccia e le ho fatte lavorare a meraviglia; ma perciò non rifiutai mai un buon aiuto dell'amicizia. Pigliala come vuoi, io sono tuo padre; e ho diritto di consigliarti e al caso anche di comandarti. Non guardarmi cosí altero!... Non ci è bisogno!... Ti compatisco; sei giovane, hai perduto la testa. Anch'io stetti tutto ieri che non sapeva se fossi vivo o morto, anch'io ho sofferto, vedi, piú di uomo al mondo vedendo rovesciarsi tutte le mie speranze per opera di quelli stessi cui le aveva affidate da compiere! Anch'io ho pianto, sí ho pianto di rabbia trovandomi schernito beffeggiato e pagato di sette anni di servizi e di sacrifizi coll'ingratitudine e col tradimento.
| |
Milano Lucilio
|