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      Insieme a questo pensiero me ne balenò alla mente un altro, ch'ella si spaventasse di trovarmi solo e si ritraesse dalla sua eccessiva confidenza. Poco prima mi doleva di doverla credere noncurante del proprio onore e delle convenienze sociali, allora avrei voluto che la fosse anche piú svergognata d'una sgualdrina purché la stesse contenta della mia compagnia. Guardate come siam fatti! Peraltro il desiderio grandissimo che nutriva di averla meco non andò tant'oltre da mettermi in bocca delle menzogne. Le raccontai dunque schiettamente la partenza di mio padre, e come io abitassi soletto quella casa senza neppure una serva che scopasse i ragnateli.
      - Meglio, meglio! - gridò ella con un salto battendo le mani. - Tuo padre mi dava soggezione, e chi sa se mi avrebbe veduto di buon occhio.
      Ma dopo questo scoppio di giocondità s'impensierí tutto d'un colpo, e non ebbe fiato di andar innanzi. Le si strinsero le labbra come per voglia di piangere, e le sue belle guance si scolorarono.
      - Che hai, Pisana? - le chiesi - che hai ora che t'ingrugni tanto? Hai paura di me, o di trovarti con me solo?
      - Non ho nulla - rispose ella un po' stizzita, ma piú contro sé stessa, mi parve, che contro nessuno.
      E poi fece un paio di giri per la stanza guardandosi le punte dei piedi. Io aspettava la mia sentenza col tremito d'un innocente che ha una discreta paura di esser condannato; ma la sospensione della Pisana mi blandiva soavemente il cuore, come quella che mi dava a conoscere che io era proprio amato come voleva io.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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