Finallora quella sua sicurezza a tutta prova e quella soverchia confidenza mi avevano un sapore affatto fraterno che non mi solleticava punto il palato.
- Dove mi metterai a dormire? - uscí ella a chiedere di sbalzo con un tal tremito di voce e un cosí vago rossore sul volto che la rabbellí cento volte. Mi ricordo ch'ella mi guardò in faccia sulla prima di quelle quattro parole, ma le altre le pronunciò piú sommesse, e cogli occhi erranti qua e là.
Sul mio cuore!
io ebbi volontà di risponderle "sul mio cuore ove hai dormito tante volte essendo bambina e non hai avuto a lagnartene!". Ma la Pisana s'era fatta tanto leggiadra in quel movimento mescolato d'amore e di vergogna, di sfacciataggine e di riservatezza, ch'io fui costretto a rispettare una sí bella opera di virtù, e trattenni persino il soffio del desiderio per non appannarne la purezza. Giunsi financo a dimenticare la dimestichezza in altri tempi avuta con lei, e a credere che se avessi osato toccarla allora, sarebbe stato proprio la prima volta. Somigliava un valente sonatore di violino che si propone le piú ardue difficoltà per aver il piacere di superarle; ed egli è certo del fatto suo, ma se ne compiace sempre come d'altrettante sorprese.
- Pisana - le risposi con voce assai calma e una modestia esemplarissima - qui tu sei la padrona, te l'ho detto fin da principio. Tu mi onori della tua confidenza, e si spetta a me il mostrarmene degno. Ogni camera ha solidi catenacci e questa è la chiave di casa; tu puoi serrarmi fuori sulla calle, se vuoi, che non me ne lamenterò.
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Pisana
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