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      - E cosa vuoi? - soggiungeva. - Piú erano splendidi belli graziosi, piú mi venivano in uggia; laonde se mai dava segno di qualche gentilezza o di aggradimento, l'era sempre verso i piú brutti e sparuti, con gran maraviglia mia e di quelli che mi circondavano; e credevano quella stranezza un'arte squisita di civetteria. In verità io lusingava quelli che mi parevano troppo sgraziati per lusingarsi alla lor volta; e se quelle mie gentilezze erano insulti, Dio mel perdoni, ma non potea fare altrimenti!...
      Mi scoperse poi certi segreti di casa che avrei amato meglio ignorare tanto mi stomacarono. La Contessa sua madre giocava disperatamente e non volea saperne di miseria, tantoché l'era sempre in sul chieder quattrini a questo ed a quello; quando si trovava proprio alle strette, macchinavano qualche gherminella tra lei e la Rosa, quella sua antica cameriera, per cavarne di tasca ai conoscenti e agli amici. Siccome poi costoro s'erano stancati d'un tale spillamento, la Rosa avea proposto di metter in ballo la Pisana, e d'impietosire col racconto delle sue strettezze quelli che sembravano piú devoti adoratori della sua bellezza. Cosí, senza saperlo, ella viveva di turpi e spregevoli elemosine. Ma finalmente la se n'era accorta, e in onta alla silenziosa indifferenza della Contessa, ella sui due piedi avea cacciato la Rosa fuori di casa. Questo anche era stato un motivo che l'aveva indotta ad accettar la mano del Navagero, perché si vergognava di vedersi esposta dalla stessa sua madre a tali infamie.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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