La Pisana pareva tanto persuasa di quest'ultimo argomento, che le rimordeva quasi d'aver cacciato la Rosa, e pigliava sulla propria coscienza tutte le incommodità che costei diceva aver sofferto per la sua sdegnosa severità. Indarno io me le contrapposi dimostrandole che certi torti non si possono mai scusare, e che l'onore è forse la sola cosa che si abbia diritto e dovere di difendere anche a costo della vita propria e dell'altrui. La Pisana soggiunse che non la pensava cosí, che in cotali materie bisogna badare al sentimento, e che il sentimento suo le consigliava di riparare i mali involontariamente cagionati a quella poveretta. Pertanto mi pregò di darle mano in questa buona opera, concedendo per primo punto alla Rosa una camera della casa per abitarvi. Sopra questa domanda io mi diedi a gridare, ed essa a gridare ed a piangere. Si finí con questo accordo, che io avrei pagato la pigione della Rosa ove la dimorava allora, e soltanto dopo questa promessa la Pisana fu contenta di non tirarmela in casa. Fu quella la prima volta che si dimenticò l'amore, e tornarono i nostri temperamenti a trovarsi un po' ruvidi assieme. Mi coricai con molti cattivi presentimenti, ed anche quelle occhiate beffarde e curiose di Raimondo mi rimasero tutta notte traverso alla gola. Il mattino altra scaramuccia. La Pisana mi pregò che volessi uscire per disporre la celebrazione delle cento messe per conto di sua sorella. Figuratevi quanto mi andava a sangue questo bel grillo colla carestia di denar
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