Pagina (762/1253)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Uscendo dall'osteria avea sbirciato un tale che aveva muso di tenermi dietro avvisatamente; e voleva chiarirmi della verità. Infatti guardando di traverso io vedeva sempre quest'ombra che seguitava la mia, che allentava sollecitava e fermava il passo con me. Svoltato giù per quel viottolo udiva del pari un passo leggiero e prudente che mi accompagnava; sicché non v'aveva piú dubbio, quel cotale era lí proprio per me. Pensai subito al Venchieredo, al padre Pendola, all'avvocato Ormenta e ai loro spioni: allora non sapeva che il degno avvocato sedeva al governo per la accorta protezione del reverendo. Tuttavia mi parve che la franchezza fosse il miglior partito e quando ebbi tirato il mio cagnotto da ferma nell'aperta campagna mi volsi precipitosamente, e mi slanciai sopra di lui per ghermirlo, se si poteva, e pagarlo con doppia moneta della non chiesta compagnia. Con mia gran sorpresa colui né si mosse né diede segno di spavento; anzi aveva intorno un cappotto da marinaio e ne abbassò il cappuccio per discoprirsi meglio. Io allora deposi anch'io la parte piú pericolosa della mia rabbia, e mi accontentai di tenergli ricordato che non era lecito starsi a quel modo sulle calcagna d'un galantuomo. Mentre io gli parlava ed egli mi guardava con un cipiglio piuttosto indeciso e turbato, mi parve di travedere nelle sue sembianze la memoria d'una persona a me notissima. Passai rapidamente in rassegna tutti i miei amici di Padova; ma nessuno gli somigliava per nulla, invece un certo presentimento si ostinava a presentarmi quella figura come veduta poco tempo prima, e viva ancora, vivissima nelle mie rimembranze.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





Venchieredo Pendola Ormenta Padova