Io mi sentiva pieno di riconoscenza di compassione per lei. Se la Pisana fosse rimasta con Sua Eccellenza Navagero, o fosse scappata col tenente Minato, credo che avrei amato di colpo l'Aglaura non foss'altro per riconoscenza. Ma sono stanco di scrivere, e voglio chiudere il capitolo lasciandovi nell'incertezza di quello che ne avvenne poi.
CAPITOLO DECIMOQUINTO
Il viaggio può esser buono benché fu cattiva la partenza. Arriviamo a Milano il giorno della Festa per la Federazione della Repubblica Cisalpina. Io comincio a veder chiaro, ma forse anche a sperar troppo nelle cose di questo mondo. I soldati cisalpini e la Legione Partenopea di Ettore Carafa. Di punto in bianco divento ufficiale di questa.
Perdonatemi la mala creanza d'avervi impiantati cosí sgarbatamente; ma non ce n'ho colpa. La vita d'un uomo raccontata cosí alla buona non porge motivo alcuno ond'essere spartita a disegno, e per questo io ho preso l'usanza di scrivere ogni giorno un capitolo terminandolo appunto quando il sonno mi fa cascare la penna. Ieri sera ne fui colto quando piú mi facean d'uopo tutti i miei sentimenti chiari e svegliati per continuare il racconto, e cosí ho creduto di far bene sospendendolo fino ad oggi. Già non ne aveste altro incommodo che di dover voltare una pagina e leggere quattro righe di piú.
La giovine greca nelle sue spoglie marinaresche era bella come una pittura del Giorgione. Aveva un certo miscuglio di robusto e di molle, d'arditezza e di modestia che un romito della Tebaide se ne sarebbe innamorato.
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