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      secoli prima. Oh benedetta la poesia! eco armonioso e non fugace di quanto l'umanità sente di piú grande ed immagina di piú bello!... alba vergine e risplendente dell'umana ragione!... tramonto vaporoso e infocato della divinità nella mente inspirata del genio! Ella precede sui sentieri eterni ed invita a sé una per una le generazioni della terra: ed ogni passo che avanziamo per quella strada sublime ci dischiude un piú largo orizzonte di virtù di felicità di bellezza!... S'incurvino pure gli anatomici a esaminare a tagliuzzare il cadavere; il sentimento il pensiero sfuggono al loro coltello e avvolti nel mistico ed eterno rogo dell'intelligenza slanciano verso il cielo le loro lingue di fiamma.
      Andavamo via per la costa della collina, mentre l'oste ci imbandiva la cena d'una piccola trota e di poche sardelle. Io pensava a Virgilio a Catullo alla poesia; e Venezia e la Pisana e Leopardo e Lucilio e Giulio Del Ponte ed Amilcare e tutti morti vivi moribondi gli affetti del cuore tremolavano soavemente nei miei vaghi pensieri. L'Aglaura mi veniva appresso ravvolta nel suo cappotto e grave anch'essa la fronte di melanconiche fantasie. La luna le batteva per mezzo al volto e disegnandone il dilicato profilo ne vezzeggiava a tre tanti la greca bellezza. Mi pareva la musa della tragedia, quando prima si rivelò pensosa e severa all'estro di Eschilo. Tutto ad un tratto dopo un'erta faticosa della via giunsimo dov'essa radeva il sommo d'una rupe che impendeva precipitosa sul lago. La frana cadeva giù nera e cavernosa, sbiancata mestamente dalla luna in qualche nodo piú rilevato; di sotto l'acqua nereggiava profonda e silenziosa; il cielo vi si specchiava entro senza illuminarla, come succede sempre quando la luce non viene di traverso ma a piombo.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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