- Non me ne farete piú, Aglaura, di cotali paure, n'è vero?
- No, certo, e ve lo giuro - mi rispose ella stringendomi la mano.
Infatti il mattino appresso traversando il lago, e i giorni seguenti viaggiando pei neonati dipartimenti della Repubblica Cisalpina ella fu cosí serena e composta che me ne stupiva sempre. Ed io piú volte m'arrischiai allora di toccarla sul tasto di quella stramba volata, ma ella sempre mi dava sulla voce, dicendo che già me lo avea confessato le cento volte che la era pazza, e che rimanessi pur tranquillo che almeno in quella pazzia non ci sarebbe incappata piú. Cosí entrammo abbastanza felici in Milano dove l'eroe Buonaparte con una dozzina di piastricciatori lombardi si dava attorno per improvvisare un ritratto abbozzaticcio della Repubblica Francese una ed indivisibile.
Era il ventuno novembre; una folla immensa e festosa traboccava di contrada in contrada sul corso di Porta Orientale e di là fuori nel campo del Lazzaretto, battezzato novellamente pel campo della Federazione. Tuonavano le artiglierie, migliaia di bandiere tricolori sventolavano; era uno scampanio a festa, un gridare, un lanciar di cappelli, un agitarsi di fazzoletti di teste di braccia in quella calca allegra tumultuosa e non pertanto calma e dignitosa. Né io né l'Aglaura ebbimo cuore di fermarci in una camera mentre alla luce del sole, alla libera aria del cielo doveva inaugurarsi poco stante il governo stabile ed italiano della Repubblica Cisalpina. Posto giù il mio fagotto e senza ch'ella volesse deporre il travestimento virile ci mescolammo alla gente, contentissimi di esser giunti in tempo di quel solenne e memorabile spettacolo.
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