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      E la sentinella s'affacendava notte e giorno a presentar l'arma al terribile Partistagno che passava e ripassava continuamente. Gli aveano proprio fatto credere che la Contessa avesse sforzato la Clara a monacarsi per invidia ed odio che nutriva contro la famiglia di lui. Perciň s'era riscaldato ancora a volersene vendicare: e fra le altre avea messo in opera anche il mezzo pericolosissimo di comperare molti crediti ipotecari sui poderi di Fratta, e tempestare con petizioni e con precetti esecutivi sulle ultime reliquie di quello sfortunato patrimonio. Certo il Partistagno di per sé non era capace di astuzie cosí diaboliche; ma vi si travedeva sotto la zampa infernale del vecchio Venchieredo che dopo la sua condanna avea giurato un odio infinito alla famiglia del Conte di Fratta fino all'ultima generazione. Intanto fra le sue angherie, quelle del Partistagno, i rubamenti di Fulgenzio che lo secondavano, e l'incuria del conte Rinaldo che coronava l'opera, la sostanza di attiva s'era fatta passiva, e un fallimento poteva essere poco meno che una buona speculazione. Il castello abbandonato da tutti cadeva in rovina; e appena la camera di Monsignore aveva le imposte alle finestre ed agli usci. Nelle altre, fattori gastaldi e malandrini aveano fatto man bassa: chi vendeva i vetri, chi le serrature, chi i mattoni dei pavimenti, chi le travi del soffitto. Al povero Capitano aveano sconficcato la porta; per cui la signora Veronica soffriva peggio che mai di tossi e di raffreddori e a lui era cresciuta del cinquanta per uno la gravezza della croce maritale.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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