- Ufficiale di poco conto - gli risposi io. - La vera arte militare io non la conosco che di nome.
- Avete cuore di farvi ammazzare per difendere la patria e l'onor vostro? - riprese il Carafa.
- Non una ma cento vite - soggiunsi - darei per sí nobili ragioni.
- Ecco amico mio; vi permetto di potervi credere fin d'ora perfetto soldato.
- Soldato sí - s'intromise Lucilio - ma ufficiale?...
- A questo lasciate che ci pensi io!... Sapete nulla montar a cavallo, caricare uno schioppo, e maneggiar la spada?
- So qualche cosa di tuttociò (Era merito di Marchetto e ne lo ringraziai allora, come poco prima avea ringraziato il Piovano della sua classica istruzione).
- Allora, eccovi anche ufficiale. In una legione come la mia che farà la guerra alla spicciolata, l'occhio e la buona volontà faranno piú del sapere. Stasera tornate da me all'ora della ritirata. Vi consegnerò la vostra schiera, e state di buon animo che di qui a tre mesi avremo conquistato il Regno di Napoli.
Mi pareva di udir parlare Roberto Guiscardo o qualche paladino dell'Ariosto, ma parlava sul serio e me ne accorsi poi alla prova. Stentava a dimandargli se avrei potuto dormire fuori di caserma, ma gliene chiesi alfine e mi disse sorridendo che era diritto degli ufficiali.
- Capisco; - soggiunse - avete le notti impegnate con un altro colonnello.
Io m'imbrogliai e non dissi di no; Lucilio sorrise anch'esso; il fatto poi stava che non poteva lasciar sola l'Aglaura, ma qual piacere ritraessi io dal farle la guardia lo sapeva il cielo.
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