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      E di giudice ch'esser voleva, mi sentii cambiare a poco a poco in penitente. Le angosce le incertezze che da tanto tempo mi laceravano erano cresciute tanto che richiedevano un qualche sfogo. Quell'occhiata dell'Aglaura m'invitava cosí pietosamente che non seppi resistere, e le narrai il sospetto in cui viveva della Pisana, il suo lungo e crudele silenzio, la sua partenza da Venezia, lasciatami ignorare.
      - Ohimè! - sclamai - pur troppo sarebbe pazzia il volermi illudere!... La è tornata quale fu sempre. La lontananza ha lasciato morire l'amor suo d'inedia. Si sarà appigliata ad un altro; a qualche ricco forse, a qualche scapestrato che la sazierà di piaceri un anno e due, e poi... Oh Aglaura! il disprezzare quell'unica persona che si ama piú della propria vita è un tormento superiore ad ogni forza d'uomo!
      L'Aglaura m'impugnò furiosamente la mano ch'io aveva alzata al cielo nel pronunciare queste parole. Aveva l'occhio fiammeggiante, le narici dilatate e due lagrime sforzate rabbiose riflettevano al chiarore della lucerna il fuoco sinistro de' suoi sguardi.
      - Sí! - gridò essa quasi fuori di sé. - Maledicete, maledicete anche a nome mio i vili e i traditori! Con quella mano che innalzaste a Dio come per affidargli le vostre vendette, rapite un fascio de' suoi fulmini e scagliatelo loro sul capo!...
      Compresi di aver toccato una piaga secreta e sanguinosa del suo cuore, e la simpatia del mio dolore col suo m'aperse l'animo piucchemai alla confidenza e alla compassione. Mi parve aver trovato in lei un'amica, anzi una vera sorella, e lasciai scorrere nel suo seno le lagrime che da tanto tempo mi si aggruppavano dentro.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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