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      Si gettò innanzi cogli occhi chiusi e colle braccia protese. Credo che se ci avesse abbrancati saremmo rimasti stritolati. Io mi gettai davanti all'Aglaura e feci schermo del mio corpo a quel briaco furore. Allora egli si riebbe dall'improvviso delirio, gli si incolorò la fronte d'una rabbia quasi infernale, e aperse le labbra a parlare, ma gli morí nelle fauci la voce. Vidi che un grande castigo pendeva allora da quelle labbra, e per sopportarlo aveva ristretto ogni mia forza intorno al cuore: ma egli finí col mordersi le mani, volgendo sopra di noi un'occhiata insieme di compassione e di scherno...
      - E se... - aveva egli cominciato a dire come rispondendo a un interno sospetto che non andò piú innanzi, e subito le sue sembianze si ricomposero, il pallore gli si stese sul volto, le membra cessarono di tremare; tornò insomma uomo, fin'allora sembrava proprio una fiera. Tutti questi particolari mi rimasero fitti in capo tanto per ordine, dacché tutta la notte seguente altro non feci che volgerli rivolgerli e commentarli per indovinare da essi le tremende e misteriose passioni che agitavano l'animo di Spiro. Mi sembrava impossibile che lo sdegno d'un fratello dovesse scoppiare cosí bestiale e violento.
      Dopo avere racquistato quella calma, almeno apparente, il giovine greco sedette in mezzo a noi; e ben accorgemmo lo sforzo da lui fatto per rimanere, ma non osammo rimproverarglielo. Egli ci spiava ambidue con occhio furtivo, e di volta in volta la compassione l'abbattimento e un ultimo resto di rabbia alternavano i loro colori sulle irrequiete sembianze.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





Aglaura Spiro