- Oh sí! certo; - saltò a dire l'Aglaura - per cos'altro credete ch'io mi movessi di Venezia se non per punirlo della sua perfidia verso la patria?
- Oh perché dunque mi proibivi sempre di biasimarlo? - soggiunse Spiro.
- Perché? - riprese l'Aglaura con un filettino di voce. - Aveva paura di te... di te, mio fratello!
- Ah! è vero! - gridò il povero giovane. - Era un infame!... Ma come comandar sempre ai proprii occhi?... Come crederti e trattarti come sorella quando sapeva che non lo eri, quando covava per te un amore antico di quindici anni e rafforzato da tutti gli stimoli della lontananza?... Perdona agli occhi miei, Aglaura!... S'essi peccarono talvolta, non ne ebbe colpa la volontà!...
- Oh vi perdono! Spiro - sclamò singhiozzando l'Aglaura. - Ma se mi fossi sentita veramente vostra sorella, avrei io diffidato di quelle occhiate; lasciatemi credere che la malizia non fosse né mia né vostra, o almeno divisa per metà!
Io chiesi allora a Spiro con bastevole ingenuità perché tre ore prima non ci avesse scoperto quel dolce segreto, e si fosse divertito invece a rappresentarci quella feroce scena da Oreste. Egli non sapeva come rispondere; pur finalmente si sforzò a farlo, dicendo che, dopo saputi i nuovi amori di Emilio e che la signora fuggita con essolui da Milano a Roma non era l'Aglaura, dei mostruosi sospetti gli avevano martoriato il cuore.
- Qui - soggiunse egli - qui stasera a prima giunta trovandovi abbracciati insieme quei sospetti finirono di travolgermi la ragione!... Mio Dio! quale sventura! dico sventura, perché non ne avreste avuto colpa, e tuttavia sono fatalità che come i delitti piú tremendi lasciano nell'anima eterni rimorsi.
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