Allora ebbi agio a convincermi che i primi nemici che un esercito nuovo incontra nelle sue imprese sono i polli ed i preti. Non valevano né minacce né rimproveri né castighi. Pollo voleva dir schioppettata, e prete burle e baldoria. Ammazzavano i polli per mangiarli in casa del prete e bere del suo vino; del resto tutto finiva lí, e se gli abati erano gente della legge, con un cicino di disinvoltura e una patina politica finivamo col separarci ottimi amici. Uno di cotali arcipreti bastava per un giorno a far propendere in favore di Pio VI gli animi della intera legione; gli è vero che a quel tempo il cardinal Chiaramonti aveva messo d'accordo Religione e Repubblica colla sua famosa Omelia, e si poteva propendere in favore di tutti. Per me, piú vado innanzi e piú m'avvedo che ogni religione ci guadagna assai a tenersi lontana dalla politica; gli è inutile; né l'olio si mescolerà mai coll'aceto, né il sentimento alla ragione, senzaché nascano sostanze spurie e scipite.
Eccoci finalmente a Roma. Io ne aveva una voglia che non ne poteva piú. Sentiva che Roma solamente avrebbe potuto farmi dimenticar la Pisana; e mentre pur mi confidava in una cotale dimenticanza, andava almanaccando che cosa ne poteva esser di lei, architettava conghietture, creava e ingigantiva paure, dava corpo e movimento alle ombre piú mostruose che si potessero vedere. I suoi cugini di Cisterna, capitati da poco a Venezia, Agostino Frumier, quello slavo, Raimondo Venchieredo, lo schernitore, mi parevano ad ora ad ora altrettanti rivali; ma tutte quelle supposizioni svanirono quando lettere dell'Aglaura e di Spiro mi confermarono l'assenza della Pisana e che la sua famiglia nulla sapeva e poco curava sapere di lei.
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