Ma mentre stava per passar coll'altra, un romore uno scalpito un gridio udito poco lontano mi fece restar sospeso, cosí com'era, a cavalcione del davanzale. Sullo stesso muro da me scavalcato vidi sorgere un cappello a tre punte, indi un altro e un altro ancora. Era gente che aveva gran fretta di entrare, e pareva piú disposta a fracassarsi il capo precipitando dalla muraglia nell'orto, che a restare dall'altra. Uno di essi giunto al sommo s'apprestava a discendere, quando tuonò come un'archibugiata; egli stese le braccia, e giù come un vero morto. Intanto quelli ch'eran già passati la davano a gambe traverso i cavoli; li ravvisai pei miei compagni, e non li ebbi conosciuti appena, che sul solito muro cominciarono a sorgere altri cappelli, e dietro i cappelli altre teste e braccia e gambe che non finivano piú. Ne calava uno e ne sorgevan dieci; una vera invasione, la vera piaga delle locuste che oscuravano l'aria.
- I Napoletani! i Napoletani! - gridavano i miei compagni arrivati sotto al muro e arrampicandosi frettolosamente su per la scala in capo alla quale io sedeva.
- Piano, adagio! - rispondeva io. - Se no vi ammazzerete tutti senza aspettare che vi ammazzino essi.
Infatti la scala con un uomo per ogni piuolo scricchiolava come un pero troppo carico di frutta. Io prudentemente mi era ritirato con ambedue le gambe nella stanza, e credeva fare piú che non fossi obbligato, col tenerli forniti di buoni consigli.
- Uno alla volta!... Non intralciatevi le gambe gli uni cogli altri!
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Napoletani Napoletani
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