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      Restavano alcune travi fumiganti e da un lato della muraglia una specie di volta che copriva una scala sottoposta. Passai correndo sopra questa, e mi diedi a vagare dissennato per quell'altra parte dell'edifizio. Giunsi ad una porta chiusa che non avrebbe resistito certamente all'urto di due braccia animate come le mie dalla disperazione. Tuttavia gridai prima angosciosamente: - Aprite, aprite! - Mi rispose uno strido che mi parve di donna, e in pari tempo una palla di pistola, uscita da un traforo dell'uscio, mi passò rasente le tempie e andò a conficcarsi nel muro dirimpetto.
      - Amici! amici! - io gridai. Ma nuove strida soffocarono la mia voce, e un nuovo colpo di pistola partí dalla porta, che mi sfiorò un braccio e me ne fece zampillare il sangue.
      Io diedi entro disperatamente coll'una spalla in quella porta, deciso a salvarli anche loro malgrado se erano amici, a farmi uccidere se nemici. L'uscio cadde in pezzi, e affumicato sanguinoso colle vesti arse e stracciate io mi precipitai in quella stanza che parvi certamente un dannato. Rovesciai nel mio impeto una donna che correva qua e là per la stanza colle palme levate al cielo o accapigliate nelle trecce come ossessa dalla paura. Un'altra donna mi fuggiva dinanzi, e parve disposta a volersi salvare precipitandosi dalla finestra; ma io fui piú presto a raggiungerla, e la cinsi delle mie braccia mentre appunto il suo corpo spenzolava dal davanzale. Le vampe che uscivano dal piano sopposto le incenerirono i capelli, due o tre archibugiate salutarono la nostra apparizione alla finestra; io la sollevai per ritrarla da quella posizione cosí pericolosa dicendole che era amico, accorso per salvarla, che non temesse o eravamo perduti.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253