... Me ne sono dimenticata quando appunto dovea prenderne maggior cura! Maledizione a me che avrò sempre sulla coscienza il sangue d'una innocente!
Io mi sforzai a darle ad intendere che essendo ella svenuta in quel parapiglia e bisognevole del mio soccorso per fuggire, non la potea già darsi pensiero né della Rosa né di nessuno. Ella seguitò a lamentarsi, a sospirare, a parlare con una volubilità incredibile, senza peraltro far parola piú di seguire il Carafa o di volersi partire da sola. Per me aveva tanta compassione di lei che l'amor mio non avrebbe sdegnato di tornar umile e carezzevole come una volta, purché l'avesse fatto le viste di desiderarlo.
- Carlino - mi diss'ella ad un tratto - quando partiste da Venezia voi non sapevate che l'Aglaura fosse vostra sorella, perché altrimenti me l'avreste detto.
- No, non lo sapeva - risposi non vedendo ragione di mentir oltre.
- E tuttavia viveste insieme proprio come fratello e sorella.
- Era impossibile altrimenti.
- E quanto tempo durò questa vostra vita innocente e comune?
- Certo parecchi mesi.
La Pisana ci meditò sopra un pochino, indi soggiunse:
- Se io dormissi qui sopra questa seggiola, Carlo, ve ne avreste a male?
Le risposi ch'ella poteva anche adagiarsi nel letto a sua posta, che io aveva da basso un altro giaciglio ove avrei cercato di pigliar sonno. Infatti si mostrò molto lieta di questa licenza, ma aspettò per approfittarne che io fossi disceso dalla scala. E allora, siccome per curiosità mi era fermato ad origliare, la udii dare il chiavaccio alla porta con molta cura di non far romore.
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