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      Aveva nella sua grandezza qualche parte di barbaro; non credeva, per esempio, di onorare la valentia dei nemici perdonando e salvando; giudicava gli altri da sé, e passava a fil di spada i vinti in quei casi stessi nei quali egli avrebbe voluto essere ucciso piuttosto che serbato in vita a ornamento del trionfo. Questo splendore antico di feroce virtù e il nome suo potente e famoso in quei paesi gli fecero soggetta in breve tutta la provincia. Egli aveva podestà dittatoria; e se il governo di Napoli avesse avuto altri cinque condottieri simili a lui, né RuffoMammone avrebbero rotto a Marigliano sulle porte di Napoli le ultime reliquie dei repubblicani partenopei. Invece il governo si ingelosí stoltamente di Carafa. Era ben quello tempo da gelosie! - Come se Roma avesse temuto della dittatura di Fabio, quando solo ei restava a difenderla contro il vincitore cartaginese! - Si disse che la Puglia era pacificata, che si voleva adoperare efficacemente la sua attività, che nell'Abruzzo, ove lo si mandava, avrebbe avuto campo di rendere servizi importantissimi. Ettore aveva l'ingenuità e la docilità d'un vero repubblicano; non vide che gatta ci covava sotto queste melate parole e s'avviò per gli Abruzzi. Soltanto, siccome gli sembrava che la provincia senza di lui non fosse per rimanere tanto fedele e sicura quanto si figuravano, cosí di suo capo dispose che io e Francesco Martelli, altro ufficiale della legione, ci stessimo nelle Puglie alla testa d'una piccola guerricciola di bosco che poteva giovar molto contro le insorgenze parziali che avrebbero ripullulato.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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