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      Terminammo a casa col sederci allo scuro io sopra una seggiola ed ella sopra un'altra col viso rivolto alla parete. Lucilio rientrando indi a poco ci trovò addormentati, segno evidentissimo che la tempesta aveva appena sfiorato i nostri umori biliosi; e sí che vento di parole non n'era mancato. La Pisana per farmi dispetto seguitò lunga pezza a lodare e magnificare i buoni portamenti e il valore stragrande del colonnello Alessandro, dicendo che per farsi di mugnaio esperto soldato in cosí breve tempo si voleva un ingegno sperticato, e che ella già aveva sempre augurato bene di quel giovine distinguendolo dagli altri fin da piccino.
      Io ingelosiva furiosamente di questi richiami ad un tempo, nel quale molte volte aveva dovuto soffrire la fortunata rivalità del piccolo Sandro; e vedendo compiacersi lei di cotali memorie, ognuno si figurerà i sospetti che ne induceva. Cosí, gelosi ambidue, stancheggiati dal digiuno, divisi dal resto del mondo, e con un futuro dinanzi che non dava nulla da sperare, noi cercavamo del nostro meglio ogni via per infastidirci scambievolmente. Ma appena poi il bell'Alessandro mostrava volersi ingalluzzire per le lusingherie della Pisana, ecco ch'ella se ne ritraeva quasi spaventata. E toccava a me farle veduto che certe schifiltosità non istanno bene, che bisogna compatire alle educazioni un po' precipitate, e che la trivialità d'un bravo e dabben soldataccio non va guari confusa colle oscene allusioni d'un bellimbusto sboccato. Alessandro, in uggia a me mentre era careggiato dalla Pisana, e difeso invece quando ella lo aspreggiava, non sapeva piú per qual manico prendere il coltello; e stava nella nostra conversazione come un ballerino sulla corda prima di essersi bilanciato.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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