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      Molte e molte volte io le aveva scritto ch'era stufo di restar solo, che non sapeva che pensare di lei, che si decidesse a tornare, che mi scoprisse almeno la vera cagione di quella inconcepibile tardanza. E nulla! Era un battere al muro. Mi rispondeva di volermi bene piucchemai, che io badassi a non dimenticarmi di lei, che a Venezia si annoiava, che sua mamma stava proprio benino, e che sarebbe venuta appena le circostanze lo permetterebbero.
      Io riscriveva a posta corrente domandando quali fossero queste circostanze, e se le abbisognavano denari; o se non poteva venire per qualche gran motivo, e che lo dicesse pure perché in questo caso avrei domandato un passaporto e sarei ito a tenerle compagnia per tutta la durata del mio permesso. Non mancava poi mai di chiederle informazioni della preziosissima salute di Sua Eccellenza Navagero, il quale, secondo me, doveva esser andato al diavolo da un pezzo: eppur la Pisana non mi rispondeva mai neppure in qual mondo egli fosse. La trascuranza di ciò ch'ella sapeva dovermi tanto premere finí di punzecchiare l'amor proprio del magnifico Intendente di Bologna. Per completare la mia grandezza, perché il carro del mio trionfo avesse tutte quattro le ruote mi bisognava una moglie; e questa non poteva aspettarla che dalla morte del Navagero. Mi stupiva quasi come questo inutile nobiluomo non si fosse affrettato a morire per far piacere ad un intendente par mio. Se poi era la Pisana che me ne tardava a bella posta la novella, l'avrebbe a che fare con me!


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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