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      Io non aveva fatto nessuno dei tre voti monastici e doveva osservarne il piú scabroso. Capperi! come vi veggo ora rider tutti della mia capocchieria... Ma non voglio ritrattarmi d'un punto. La Pisana a quel tempo io l'amava tanto, che tutte le altre donne mi sembravano a dir poco uomini. Ometti bellini, piacevoli, eleganti, in rispetto alle bolognesi; ma sempre uomini; e non era né rusticità né chietineria, ma tutto amore era. Cosí non mi vergogno a confessarvi d'aver fatto parecchie volte il Giuseppe Ebreo; mentre invece nella successiva separazione dalla Pisana andai soggetto a varie distrazioni. Vuol dire che non l'amava meno, ma in modo diverso; e, checché ne dicano i platonici, io sopportai la seconda lontananza con molto miglior animo che la prima.
      Allora peraltro, avendo una gran fretta e un furore indiavolato di riavere la Pisana, non potendo saperne una di chiara da lei, mi volsi all'Aglaura pregandola, se aveva viscere di carità fraterna, a volermi significare senza misteri senza palliativi quanto concerneva mia cugina. In fino allora mia sorella s'era schivata sempre di rispondere esplicitamente alle mie inchieste sopra tale proposito; e col credere o col non sapere se la cavava dai freschi. Ma quella volta, conoscendo dal tenor della lettera che veramente io era sgomentatissimo e in procinto di fare qualche pazzia, mi rispose subito che aveva sempre taciuto pregata di ciò dalla Pisana stessa, che allora peraltro voleva accontentarmi perché vedeva l'agitazione della mia vita; che sapessi dunque esser già da sei mesi la Pisana in casa di suo marito, occupatissima a fargli d'infermiera, e che non pareva disposta ad abbandonarlo.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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