Sapete cosa ebbi il coraggio di pensare in quel momento? Ebbi il coraggio di pensare ai grassi pranzi bolognesi dell'anno prima; e di trovarmi piú contento cosí com'era allora a stomaco digiuno. Ebbi il coraggio di confortarmi meco stesso di esser solo e che il caso avesse preservato la Pisana dal farsi compagna di tanta mia inedia. Il caso? Questa parola non mi poteva passare. Il caso a guardarlo bene non è altro il piú delle volte che una manifattura degli uomini: e perciò temeva non a torto che la smemorataggine, la freddezza, fors'anco qualche altro amoruzzo della Pisana l'avessero svogliata di me.
Ma ho poi ragione di lamentarmene?
seguitava col pensiero. "Se mi ama meno, non è giustizia?... Che ho fatto io tutto l'anno passato?".
Cosa volete? Trovava tutto ragionevole tutto giusto ma questo sospetto di essere dimenticato e abbandonato dalla Pisana per sempre, mi dava per lo meno tanto martello quanto la fame. Non era piú il furore, la smania gelosa d'una volta, ma uno sconforto pieno d'amarezza, un abbattimento che mi faceva perdere il desiderio di vivere. Sbattuto fra questi varii dolori, salii dal signor colonnello il quale leggeva i rapporti settimanali dei capitani fumando come aveva fumato io quand'era intendente, e inaffiandosi a tratti la gola con del buon anesone di Brescia.
- Bravo Carletto! - sclamò egli offrendomi una seggiola. - Versane un bicchiere anche per te, che mi sbrigo subito.
Io ringraziai, sedetti e volsi un'occhiata per la stanza a vedere se ci fosse focaccia panettone o qualche ingrediente da maritarsi coll'anesone per miglior ristoro del mio stomaco.
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