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      Io non avea veduto mai fino allora cosí vicina la morte; dirò meglio che non aveva avuto agio di contemplarla con tanta pacatezza. Non la trovai né schifosa né angosciosa né spaventevole. La rivedo adesso dopo tanti anni piú vicina piú certa. È ancora lo stesso volto ombrato da una nube di melanconia e di speranza; una larva arcana ma pietosa, una madre coraggiosa e inesorabile che mormora al nostro orecchio le fatali parole dell'ultima consolazione. Sarà aspettazione, sarà espiazione, o riposo; ma non saranno piú le confuse e vane battaglie della vita. Onnipotente o cieco poserai nel grembo dell'eterna verità; se reo temi, se innocente spera e t'addormenta. Qual mai fu il sonno che non fu consolato da visioni?... La vita si ripete e si ricopia sempre. Il sonno d'una notte è la quiete e il ristoro d'un uomo; la morte di un uomo è un istante di sonno nell'umanità.
      M'avvicinava passo passo alla morte coi mesti conforti dell'Aglaura da un lato; col tardo ravvedimento di Spiro dall'altro, che non potea serbare la sua ostile diffidenza dinanzi all'imperturbabile serenità d'un moribondo. Dinanzi alle grandi ombre del sepolcro non vi sono né illusi né imbecilli; ognuno racquista tanta lucidità che basti a riverberargli in un terribile baleno le colpe e le virtù di tutta la vita. Chi posa gli occhi calmi e sicuri in quella notte senza fondo, sente e vede in se stesso la immagine purificata di Dio; egli non teme né le ricompense né le pene eterne, non paventa né i fluttuanti vortici del caos né gli abissi ineffabili del nulla.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





Aglaura Spiro Dio