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      - E dicono che son capponi - soggiungeva sospirando - ma se mi sveglio la notte, li sento cantare che ne disgradano l'accusatore di san Pietro!...
      Indi a poco entrò il signor Sandracca col Cappellano, invecchiati, mio Dio, che parevano ombre di quello ch'erano stati; entrò anche la signora Veneranda, la madre di Donato, sposata di fresco al Capitano. Poteva competere con Monsignore per la pinguedine, e non pareva che le settecento lire portate in dote dovessero bastare a tenerla in carne. Gli è vero che i grassi mangiano alle volte piú parcamente dei magri. Ella mise sul tagliere una fetterella di lardo e sei uova, che dovevano convertirsi in frittata e comporre una cena. Ci esibí poi anche, colla bocca un po' stretta, di prepararci alla meglio due letti; ma noi eravamo già prevenuti delle commodità che si avevano allora in castello, e sapevamo che restando noi sarebbe toccato agli sposini irsene a dormire coi polli. Ebbimo perciò compassione di loro e delle sei uova, e risalimmo in calesse per andarcene a chieder ospitalità a Bruto Provedoni, come s'era stabilito fra noi prima di partire da Portogruaro.
      Non vi starò ora a dire né le festose accoglienze di Bruto e dell'Aquilina, né la mirabile cordialità colla quale quei due poveretti fecero nostra tutta la casa. Tutto era già combinato per lettera; trovammo due camerette a nostra disposizione, delle quali e del mantenimento che vollimo comune con essi, una modestissima dozzina ci sdebitava. Non era una mercede; era un mettere in comune le nostre piccole forze per difenderci contro le necessità che ci stringevano da ogni parte.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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