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      In fatto io mi figurava che avesse preso lavoro in qualche negozio; né mi sarei mai immaginato quello che scopersi in seguito.
      - Pisana - le domandava talvolta - per cosa oggi che è domenica non ti metti il vestito di seta? (lo conosceva al fruscio).
      Mi rispondeva di averlo dato ad accomodare; io sapeva che se n'era privata per far denaro, e me lo avea confessato una vicina che l'aveva aiutata a smerciarlo.
      Un altro giorno era lo sciallo che le mancava; e me ne accorgeva, perché, essendo freddo, la sentiva battere i denti. Mi assicurava di averlo indosso e mi facea palpare una lana ch'ella diceva essere lo sciallo. Ma io conosceva per antica pratica il molle tessuto di quel cascemire, e non m'ingannava col mettermi in mano una pellegrina di merinos o di signorea. Lo sciallo avea fatto l'egual viaggio del vestito di seta. Alle volte mi consolava di esser cieco per non soffrire lo spettacolo di tante miserie, dimenticando che quella disgrazia ne era certo la prima cagione. Poco stante mi disperava conoscendomi tanto impotente da dover essere debitore del vitto alla pietà miracolosa d'una donna.
      L'Aquilina, in onta alle nostre proteste di agiatezza, mandava quanto piú denaro poteva; ma erano gocce d'acqua in un gran vaso pieno di bisogni. Ancora ella scriveva che metteva qualche cosa da parte ogni giorno per venirmi a trovare, e che molto si era adoperata a Venezia per ottenermi la grazia di rimpatriare. Io crollava la testa perché omai la speranza mi era uscita affatto dal cuore: ma la Pisana mi dava sulla voce sclamando che era uno sciocco a scoraggiarmi a quel modo, e che eravamo abbastanza fortunati di camparla onestamente senza tante fatiche.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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