Conoscete lord Byron il poeta?... Egli mi volle dare diecimila ghinee se riesciva ad allungargli di un pollice la gamba diritta di cui zoppica. Benché ci avessi qualche pretensione di riuscire con un certo metodo scoperto da me, non avea allora bisogno di denaro, né voleva perdere il mio tempo a stirare le gambe della Camera alta. Risi dunque sul muso al gran poeta rispondendogli che avevano bisogno di me allo Spedale.
- Ed egli?
- Ed egli si compiacque dell'epigramma; e se ne vendicò coll'addrizzarmi il piú caro sonettino che sia mai stato scritto in inglese. Ve l'assicuro io che sotto quell'anima tempestosa di Don Giovanni e di Manfredo cova una pura fiamma che scoppierà un giorno o l'altro. Byron è troppo grande; oltreché nei libri e nelle rime deve finir poeta anche nella vita.
- Dio lo voglia! - sclamai - perché la poesia è la realtà della felicità spirituale, la sola vera e completa.
- Ben detto - rispose Lucilio rimormorando le mie parole, ed io rigonfiava di tanto onore. - La poesia è la felicità reale dello spirito. Fuor d'essa vi sono godimenti ma non contentezze!...
- Ed io, son dunque poetessa perché son contenta? - chiese con voce allegra ma fievole la Pisana.
- Voi siete Corinna! Voi siete Saffo! - sclamò Lucilio. - Ma non vi accontentate di balbettar odi o poemi e li create colle opere, e porgete alla sublimità poetica la loro piú degna effigie, l'azione. Achille e Rinaldo prima d'esser poeti furono eroi.
La Pisana si mise a ridere ma con tutta quell'ingenuità che esclude ogni sospetto di falsa modestia.
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