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      Cosí terminò un uomo che sarebbe diventato un eroe se... Perdono! dopo questo "se", bisognerebbe vi raccontassi tutti i perché della nostra storia dal Trecento in seguito. Val meglio troncar il periodo.
      Il conte Rinaldo avea fatto atterrare un altro pezzo del castello di Fratta; e Luciano e la Bradamante aveano seppellito senza grandi lagrime il signor Capitano per le settecento lire di usufrutto che ne ereditarono.
      - Appunto, si conserva bene Donato? - chiese la Pisana.
      - Figuratevi, come un giovinotto; - rispose Bruto - non ha né un capello grigio né una ruga sul viso. Non par nemmeno uno speziale.
      - Oh gli era davvero il piú bel giovane che si potesse vedere! - soggiunse l'altra. - A' miei tempi gli ho voluto bene anch'io piú che ad ogni altro.
      Io troncai quel discorso perché non mi piaceva ed anche per chiedere piú larghe informazioni intorno a mia sorella la quale mi avevano annunciato esser partita per la Grecia a raggiungervi Spiro il marito, ma non m'avevano detto di piú.
      - A proposito di tua sorella; - soggiunse Bruto - non avesti una sua lettera ch'era per te a Venezia e che noi ti abbiamo spedita di colà?
      - Non l'ebbi - rispos'io; infatti non ne sapeva nulla.
      - Allora la si sarà smarrita per via; - riprese Bruto - ma dal carattere e da chi la portava, che era un mercante greco, io l'avea giudicata ed era dell'Aglaura.
      Un cotal incidente mi spiacque assaissimo; ma pochi giorni dopo quella lettera mi capitò un po' guasta nel suggello e negli angoli. Non avrò il coraggio né di darla a brani né di spremerne il succo.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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